Dopo anni di fuffa economica in cui Francoforte chiedeva, continuamente, una lunga serie di tagli alla spesa pubblica dei paesi più indebitati, alla BCE qualcuno sta aprendo gli occhi e lo fa con una nonchalance impressionante
Mario è uno studente di economia come tanti altri. Per quanto i suoi voti all’università siano buoni, ha l’abitudine di entrare in aula mezz’ora dopo l’inizio della lezione, e, quando lo fa, è spesso costretto a far alzare alcune persone per potersi sedere nell’unico posto libero al centro dell’aula, creando ogni volta un certo disagio a chi sta cercando di seguire la complessa spiegazione del professore di turno.
Ormai Mario è abituato, tanto abituato che non arrossisce più per l’imbarazzo del momento e, a dire il vero, non si scusa nemmeno con i malcapitati che, ogni giorno, sono costretti ad alzarsi per farlo passare.
Passano gli anni, e Mario si laurea con ottimi voti, va a studiare all’estero e comincia una brillante carriera che, un giorno, culmina con la nomina a Presidente della Banca Centrale Europea.
Mario è rispettato da tutti i suoi colleghi, e anche quei furboni che gestiscono i mercati finanziari (gente che, per dire, spesso a lezione di economia non ci veniva proprio) sembrano apprezzarlo parecchio. Mario è, in fondo, un buon economista. Tuttavia, pur avendo una comprensione delle cose superiore alla media, ha ancora il vizio che aveva da giovane: è spesso in ritardo.
Il 3 dicembre 2015, dopo aver chiesto (insieme ad altri amici) ai governi europei di mettere in atto una serie di riforme “shock” con annessi incrementi della pressione fiscale e tagli a volte drammatici della spesa pubblica, Mario si fa coraggio e se ne esce davanti al mondo intero con una bella frasona:
“La politica fiscale dovrebbe supportare la ripresa economica, pur rimanendo all’interno delle richieste comunitarie. Tutti i paesi dell’Eurozona dovrebbero puntare ad una politica fiscale maggiormente orientata alla crescita“
Ed è bello il modo in cui Mario comunica questo suo pensiero.
L’espressione che fa è la stessa che faceva da giovane, quando tutti dovevano alzarsi e smettere di seguire quello che il professore stava dicendo: “Sono in ritardo – sembra dire – ma non importa”.
Abbiamo l’impressione di avere un déjà vu, anche voi ? L’Europa è costantemente in ritardo
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