Boeri, Immigrazione E La Solita Italietta

BOERI

L’Italia non è un paese per economisti, ed il “caso Boeri” lo dimostra

Il presidente dell’INPS Tito Boeri, uno dei pochissimi economisti italiani contemporanei ad essere riconosciuto all’estero per i propri studi di ricerca sul mercato del lavoro, è tornato al centro dell’attenzione mediatica in Italia.

Il professore ha osato affermare (da Repubblica):

“Gli immigrati regolari versano ogni anno 8 miliardi contributi sociali e ne ricevono 3 in termini di pensioni e altre prestazioni sociali, con un saldo netto di circa 5 miliardi per le casse dell’Inps”

Quei 5 miliardi di euro, sottointende Boeri, sono un “surplus” che gli italiani ottengono dal lavoro di immigrati regolari.

Boeri non ha detto, in realtà, niente di sorprendente. Dati INPS alla mano, i contributi sociali versati da lavoratori immigrati regolari sono pari a 8 miliardi. Di questi, 3 miliardi tornano alla popolazione immigrata regolare (pensioni o altro). È evidente come qui non si stia dicendo nulla di particolarmente sofisticato, Boeri si limita a leggere un dato derivante alla contabilità INPS.

È un po’ come se un professore di matematica avesse convocato una conferenza stampa dicendo:

“I nostri studi dimostrano che 8 meno 3 fa 5″

Ma dato che ci troviamo in un paese fenomenale, le parole di Boeri hanno innescato una polemica sino ad ora senza fine.

Un esempio? Andiamo a vedere le dichiarazioni del noto matematico Roberto Calderoli, Lega Nord (da Repubblica):

Presa di posizione che non poteva non suscitare reazioni, a cominciare dal senatore leghista Roberto Calderoli per il quale Boeri ha detto “una bugia contraddetta dai numeri forniti dallo stesso Boeri incrociati con quelli forniti dall’istat: se da una parte la percentuale di giovani immigrati che pagano regolari contributi previdenziali è salita al 35%, dall’altra la percentuale di nostri giovani che non hanno un lavoro è intorno al 40%, questo significa semplicemente che i giovani immigrati hanno tolto il lavoro ai giovani italiani che sono costretti ad andarsene all’estero in cerca di opportunità professionali”

“Togliere il lavoro” significa, traducendo da calderolese a italiano, che gli immigrati avrebbero ridotto le possibilità di lavoro degli italiani.

Ora, tralasciando l’assurdità di confrontare un dato riguardante la percentuale di giovani immigrati regolari che versano contributi con la percentuale di giovani italiani che cerca un lavoro senza trovarlo (perché Calderoli si riferisce, immaginiamo, ai disoccupati e non agli inoccupati), occorre fare un discorso più matematicamente rigoroso. Quello che Calderoli non coglie (o finge di non cogliere) è che le percentuali non funzionano come nei sondaggi politici. Chiunque abbia già cucinato una torta sa che, se in una ricetta per 4 persone viene raccomandato un dosaggio di due uova nella preparazione del dolce, sarà un errore impiegare 8 uova nel caso in cui la torta dovesse essere destinata a 16 persone. Queste percentuali di ingredienti variano, non si può pensare che rimangano costanti. Quello che è successo al mercato del lavoro in Italia è stata una profonda trasformazione della sua struttura, con una naturale modifica delle percentuali di lavoratori italiani/stranieri che versano contributi all’INPS. Questo è dovuto ad una serie di fattori:

1) Sì, i flussi migratori sono decisamente aumentati negli ultimi anni. La percentuale di stranieri nella forza lavoro presente in Italia è cresciuta

2) No, gli immigati non rubano il lavoro degli italiani. Spieghiamo: la crisi ha fatto sì che un numero spropositato di persone in Italia (italiani e non) perdesse il proprio posto di lavoro. Naturalmente, gli italiani hanno perso molti posti di lavoro in più rispetto agli stranieri, ma questo è accaduto semplicemente perché in Italia ci sono molti più italiani che stranieri (pensa un po’).

3) Gli italiani fanno sempre meno figli, è più che normale che la percentuale di lavoratori stranieri cresca nella forza lavoro in Italia. Un’altra ragione per cui i giovani immigrati non rubano il lavoro dei giovani italiani è dunque, semplicemente, che questi giovani italiani non esistono, in quanto mai nati.

La questione legata all’immigrazione è, naturalmente, molto complessa. Boeri spiega che 1 lavoratore immigrato su 3 sarebbe irregolare, sostenendo che sarebbe dunque necessario procedere alla regolarizzazione. Ma regolarizzare significa sottoporre ad un regime fiscale persone che, probabilmente, non sarebbero “assunte” se fosse necessario pagarne i contributi sociali all’INPS. Capite dunque che il mega-discorso dell’immigrazione sfocia facilmente in un altro mega-discorso: quello della pressione fiscale. Potremmo andare avanti a discutere per giorni, ma questo post si limita a spezzare una lancia verso i Tito Boeri d’Italia: in nessun paese sviluppato qualcuno dovrebbe essere attaccato per dichiarazioni così lapalissiane.

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