Cade l’ultima roccaforte del segreto bancario tra i 27 Paesi Ue: anche l’Austria vuole aprire una trattativa
Vienna era rimasta l’ultima roccaforte del segreto bancario tra i 27 paesi Ue dopo l’adesione a sorpresa del Granducato del Lussemburgo. Così il fatto che ora anche l’Austria, Paese che finora si era sempre opposto alla eliminazione del segreto bancario, punta a un intesa con Bruxelles sullo scambio automatico di informazioni entro il vertice europeo del 22 maggio ha fatto scalpore. La fonte è ufficiale perché viene dal cancelliere socialdemocratico Werner Faymann che guida con i popolari il governo di coalizione austriaca.
Non va dimenticato che l’Austria avrà le elezioni poliche nazionali in autunno e che il partito della Fekter è quello che piú di ogni altro ha fatto una bandiera del segreto bancario e che cercherà di concedere alla Ue il minimo possibile. Vienna infatti era rimasta l’unico dei 27 paesi Ue a non aver aderito al principio dello scambio di informazioni concernenti i conti bancari detenuti in paesi esteri: il Lussemburgo si era impegnato ad allinearsi con la maggioranza dei paesi Ue a partire dal 2015.
«Vogliamo ottenere un risultato sullo scambio di dati nell’interesse della lotta contro l’evasione fiscale in Europa», ha affermato il cancelliere socialemocratico Faymann in un’intervista diffusa dalla rete televisiva pubblica Orf, minimizzando nello stesso tempo l’impatto potenziale che questa misura avrà sul settore bancario austriaco, un punto molto importante per l’economia del piccolo paese alpino. «Il danno economico più grave sarebbe di avere la reputazione di proteggere la frode fiscale», ha spiegato il politico socialdemocratico da sempre favorevole all’abolizione del segreto bancario.
Nel governo di Vienna non mancano i dissidi fra i socialdemocratici (SPÖ) e i popolari (ÖVP). Dopo due settimane di difficili trattative i due partiti che formano la grande coalizione hanno annunciato venerdì un accordo su una serie di priorità nel loro negoziato con la Ue: e il ministro delle Finanze Maria Fekter (ÖVP), che finora si era rifiutata di voler aprire le trattative e non voleva mettere in discussione il segreto bancario. Ora la svolta anche se la Fekter ha reso noto che difenderà quanto concordato nei suoi colloqui a Bruxelles. L’Austria in particolare vuole mantenere gli accordi bilaterali conclusi in passato con la Svizzera e il Liechtenstein.
La partita è importante in un momento di austerità generale in Europa e di sacrifici chiesti a tutti i cittadini che mal sopportano che vi siano paradisi fiscali dietro l’angolo dove alcuni “furbi” possono parcheggiare i loro averi senza pagare le imposte nel paese di origine.
I depositi di cittadini Ue nelle banche austriache sono valutati a circa 35 miliardi di euro, un decimo del totale, di cui 25 provenienti dalla Germania. Se si aggiungono i depositanti extra-Ue si arriva a 53 miliardi: una bella fetta della torta da 350 miliardi di euro dei depositi austriaci, che potrebbero cercare lidi più sicuri. I 53 miliardi rappresentano circa il 25% del Pil dell’Austria. Friedrich Schneider, docente dell’Università di Linz, stima che un 15% di questi depositi siano in nero, circa 10 miliardi.
«Finora l’Italia ha due accordi relativi allo scambio di informazioni con l’Austria: il primo è contenuto nella convenzione contro le doppie imposizioni del 1984 dove – dice Marco Magenta dello studio legale tributario di Ernst & Young – Vienna si impegna a fornire dati ma senza superare il proprio segreto bancario. Il secondo è del 1985 e prevede scambio spontaneo di informazioni limitatamente ad alcune tipologie di reddito, ma non dei dati bancari. Se arrivasse l’abolizione del segreto bancario cambierebbe tutto».
La svolta è partita con la pubblicazione del rapporto Ocse “Base Erosion and Profit Shifting” (Beps), che ha messo sotto accusa l’erosione di reddito imponibile operata da alcune multinazionali, sotto la spinta di Gran Bretagna, Germania, Australia, Francia e Stati Uniti.
Per risolvere il problema della tassazione dei depositi di non residenti basterebbe una direttiva europea, da recepire poi a livello dei singoli Stati, e ovviamente da estendere ai paradisi fiscali europei per evitare zone “franche”, che preveda che ogni cliente “estero” Ue (quindi ad es. cittadino italiano o tedesco con somme depositate in Austria) provi, presentando copia della propria dichiarazione dei redditi (mod RW nel caso italiano), di aver assoggettato a tassazione tali somme.
Fonte originale: Il Sole 24 Ore
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