Ormai va di moda fornire teorie economico-monetarie sul maxi-esperimento di politica monetaria che si sta verificando in Giappone, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza
Andate pure a leggere su altri blog che parlino dell’argomento, sono certo che il 90% si concentrerà su un aspetto marginale (ma interessante) della manovra di QE che il Giappone sta mettendo in atto: spingere le esportazioni.
Sì perchè, ovviamente, dal massiccio Quantitative Easing deriva la netta svalutazione dello Yen, che porta quindi ad una crescita delle esportazioni, recentemente messe in affanno prima dell’elezione di Abe:
Nel 2013 dovrebbe essere tutta un’altra storia. Non state ad ascoltare chi, con fare sensazionalista, grida al fallimento della manovra monetaria Giapponese, perchè è semplicemente troppo presto per vedere degli effetti sull’economia reale (per i più interessati, consiglio di andare a vedere cosa si intende per “curva J” in economia), state tranquilli: gli effetti sull’export arriveranno e saranno anche molto forti.
La svalutazione è un’arma che vuole essere utilizzata dal Giappone soprattutto verso la Corea del Sud, principale “rivale” commerciale a livello di export nel continente Asiatico (ovviamente Giappone e Corea del Sud non possono competere con la Cina e compagnia bella).
Detto questo, non saranno le esportazioni a far riprendere l’economia Giapponese !
Ed è semplicemente ovvio che sia così, l’obiettivo della Bank of Japan è raggiungere un (fino lontanissimo) livello di inflazione pari al 2%, ed esistono prove empiriche che ci dicono che l’inflazione non cresce tanto per quello che succede negli scambi con gli altri mercati (o, quanto meno, non lo fa in modo diretto), ma cresce soprattutto per dinamiche della domanda interna (i principali indici di inflazione guardano infatti all’andamento dei prezzi nazionali).
E allora cosa spingerà l’economia ? Semplice, quello che l’ha sempre spinta: la domanda interna.
Esistono scuole di pensiero economico (monetaristi, scuola austriaca, ecc.) che hanno sempre negato l’esistenza anche solo teorica di una possibile crisi di domanda interna. “There’s no such thing” hanno sempre ripetuto da Università anche molto prestigiose alcuni professori anti-keynesiani.
Il fatto che, alla fine, un barone Inglese come Keynes nato quando l’euro e l’unione europea erano solo utopie continui a dimostrarsi l’economista più valido della nostra Storia dovrebbe far ricredere numerosi autori di libri Universitari e, soprattutto, una lista infinita di blogger (anche Italiani) filo-tedeschi filo-austerity filo-Merkelliani filo-non so che altro.
Per tale ragione, tornando al Giappone, è inutile concentrarsi tanto sulla bilancia dei pagamenti (che andrà presto in positivo in modo deciso), se vogliamo davvero valutare l’efficacia della politica monetaria della Bank of Japan dobbiamo guardare gli indici di inflazione (che dovrebbero arrivare intorno al 2%), il PIL nominale (che crescerà sicuramente in modo netto) e, sopratutto, il PIL reale, praticamente fermo dal 1990.
Molti economisti sostengono che il Giappone stia facendo la cosa giusta (uno su tutti Paul Krugman, il quale comincia ad essere finalmente riconosciuto come il vero “vincitore” in questo periodo sui suoi colleghi), noi speriamo che sia tutto vero, e che l’Europa non abbia bisogno di 22-23 anni (come Tokyo) per fare la cosa giusta.
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