Mettiamoci l’anima in pace: far crescere la base monetaria non significa creare inflazione, ecco perchè molti testi universitari di macroeconomia andrebbero gettati fuori dalla finestra
Da una parte abbiamo la teoria, dall’altra la pratica. La teoria, per definizione, viene pensata per spiegare e prevedere il comportamento di qualcosa nella pratica, ma che valore ha la teoria se non spiega affatto la realtà ?
Nessuno.
Stati Uniti: dal 2008 ad oggi la base monetaria è più che triplicata. Facendo due calcoli a quest’ora dovremmo avere in America un’inflazione a doppia cifra.
Problema: il tasso annuo di inflazione continua a ridursi a Washington:
Come spiegare questa divergenza tra pratica e teoria ?
Non saremo certo noi a fare questa scoperta da premi Nobel, un paio di teorie, però, le abbiamo.
La prima può essere misurata in termini economico-finanziari, la seconda si riferisce invece ad una sfera più psicologico-sociale dell’economia.
1) La “velocità” di diffusione della moneta ha raggiunto un minimo storico:
Raramente sentiamo parlare di “velocità della moneta”, è bene quindi definire questo concetto: la velocità della moneta è la frequenza media con cui un’unità di denaro (in questo caso 1 Dollaro) viene spesa su un nuovo bene/servizio prodotto all’interno del territorio nazionale (qui gli Stati Uniti) in un certo periodo di tempo.
Traduzione: se la moneta circola a fatica è chiaro che i prezzi non potranno scendere.
Questa conclusione si collega anche alla spiegazione più comportamentale e meno tecnica:
2) Le aspettative sui prezzi delle persone sono ancora in contrazione
Prendete un microfono e fingetevi giornalisti, andate a chiedere in giro per il Mondo a negozianti, imprese e consumatori diretti se, a loro dire, i prezzi sono destinati a crescere nei prossimi mesi.
Dato che “c’è crisi”, si pensa – giustamente – che i prezzi difficilmente saliranno, perchè è ormai da tanto tempo che sentiamo ripetere “crollano i consumi”, “crolla il mercato immobiliare”, “crolla il mercato automobilistico” e, dopo 5 anni, è piuttosto legittimo pensare che molti di noi siano entrati in una fase psicologica particolare che potremmo chiamare crisi permanente.
Dato che, per sua natura, nessuna crisi è permanente, c’è da pensare che prima o poi questa contrazione si arresti e ci sia così una correzione verso l’alto dei consumi e, quindi, dei prezzi (dunque dell’inflazione).
Il problema è che non sappiamo quando questo potrà accadere, il Giappone ha avuto bisogno di 20 anni per invertire questo meccanismo diabolico, noi ci auguriamo di aver più fortuna in Europa.
Un’altra cosa, il naturale legame di proporzionalità inversa tra tasso di disoccupazione (in crescita) e inflazione (in decrescita) non fa altro che peggiorare lo scenario descritto in questo articolo, in quanto l’aumento delle persone senza un posto di lavoro si traduce naturalmente in una contrazione della domanda interna, quindi dei consumi, quindi dei prezzi, quindi dell’inflazione.
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