Anche in Germania la crisi si fa sentire in tutta la sua violenza: i dati sulla povertà che arrivano da Berlino sono davvero drammatici rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare (da “Il Fatto Quotidiano”)
“La Germania non è mai stata così divisa come oggi: il divario di prosperità tra le regioni ricche e quelle povere è in crescita costante e significativa”. Parole di Ulrich Schneider, direttore della Paritätischen Gesamtverbandes, associazione no-profit fondata negli anni ‘20 e che da circa 9 anni misura il benessere della società tedesca. I dati del 2012 presentati lo scorso giovedì durante la Conferenza nazionale sulla povertà mostrano infatti una Germania che passa da una percentuale di indigenti dell’11,1% della regione del Baden-Württemberg al 23,1% della città-stato di Brema. “Intere regioni vivono una spirale di crescente povertà e diminuzione del potere economico. C’è bisogno di un sostegno finanziario e di una serie di programmi sociali che siano mirati a combattere il rischio di spopolamento”.
Anche il dato generale su tutto il territorio tedesco è in aumento. Dal 2006 ad oggi le persone che vivono sotto la soglia di povertà che in Germania è fissata a 848 euro al mese per una persona che vive da sola (1278 euro nel caso di una coppia) e cioè il 60% del reddito medio pro-capite, è aumentata dal 14 al 15,2%. “Tutti i trend positivi degli anni passati si sono fermati o hanno addirittura preso la direzione contraria”. A Berlino – città ancora molto mitizzata a livello mediatico – il dato è drammatico: 21,2%, più di un cittadino su cinque. Nel 2008 era al 18,7%. La ragione? Da una parte la molta offerta di lavoro anche derivante anche dalla tanta immigrazione di giovani dell’est e sud Europa che, se da una parte è una delle ragioni per cui sempre più aziende fanno della capitale tedesca la propria base operativa (uno studio McKinsey ha calcolato che le startup berlinesi creeranno ben 100mila posti entro il 2020) in ogni caso abbassa il reddito medio ed il costo della vita in città. Dall’altra, l’appeal stesso che Berlino esercita su artisti o aspiranti tali che vi si trasferiscono in attesa di un’occasione per sfondare, ma che nel frattempo vivono di lavori part-time e sovvenzioni statali (il cosiddetto Hartz IV, epicentro del welfare tedesco che secondo uno studio dell’aprile scorso coinvolge più di un milione di cittadini).
Insomma, i tedeschi non stanno così bene come appare dall’esterno. E’ vero che lo studio della Paritätischen Gesamtverbandes non ricalcola la soglia di povertà su base regionale, ma le recenti battaglie dei socialdemocratici per la creazione di un reddito minimo orario di 8,50 euro l’ora dal 2016, nonché le promesse elettorali dell’Union di Angela Merkel di rialzare le pensioni (i pensionati sono la categoria di cittadini con il più alto tasso di povertà in Germania, più di un terzo di loro dal 2030 dovranno cavarsela con 688 euro lordi al mese), dimostrano una situazione sociale non florida e degna di riforme sempre più incisive. Riuscirà Angela Merkel a segnare un radicale cambio di marcia in tal senso o proseguirà la sua politica dei piccoli passi?
Articolo tratto da “Il Fatto Quotidiano”
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