E’ notizia di oggi il ritorno del divario di rendimento fra i titoli di Stato italiani e gli omologhi titoli del debito pubblico tedesco(i c.d. Bund decennali)ai livelli su cui stazionava nel luglio 2011,prima dell’impennata che nel novembre successivo avrebbe portato tale differenziale a viaggiare oltre i 550 punti base
Come è noto,il famigerato”spread”fra i titoli del debito sovrano italiano e quelli del Paese di riferimento dell’area euro-la Germania-è una misura del rischio-Paese,in quanto fornisce dati sull’affidabilità del debito sovrano agli occhi dei suoi potenziali acquirenti ed influenza in modo diretto ed immediato il costo del rifinanziamento del debito pubblico sul mercato.
Il che per l’Italia,data la mole dello stock del debito sovrano,è particolarmente rilevante.
Ma quali sono le cause che hanno portato tale indicatore ad attestarsi,in questo inizio del 2014,su livelli che non si vedevano dagli albori della fase più acuta della crisi dell’eurozona?
E’ ormai noto ed assodato che l’impennata dello spread dei titoli c.d. periferi dell’eurozona-quelli facenti capo ai c.d. PIGS o PIIGS,l’acronimo che designa le economie più deboli dell’area della moneta unica-si verificò fra la primavera e l’autunno del 2011 e fu indotta dai timori per un dissolvimento(break-up)dell’area euro,ritenuto ormai probabile.Tale preoccupazione spingeva gli operatori a concentrare gli acquisti sui titoli del debito pubblico del Paese reputato più affidabile,la Germania ed a disfarsi rapidamente dei titoli di Stato italiani e spagnoli(all’epoca Irlanda,Portogallo e Grecia non si finanziavano più,di fatto,sui mercati ma usufruivano degli aiuti della trojka,a carissimo prezzo ottenuti!),atteso che si paventava che,con l’uscita dell’Italia e della Spagna dall’euro o a seguito della probabile rottura dell’area euro,si sarebbero trovati”in mano”titoli di un debito espresso in valuta debole e fortemente svalutato,oltre che afferente ad uno Stato la cui solvibilità veniva ormai messa in dubbio.
Non a caso,la corsa degli spread è proseguita,sia pure a fasi alterne,fino al luglio/agosto 2012,allorquando fu pronunziato l’ormai celebre discorso del Governatore della BCE Mario Draghi
“Then the comparison becomes even more dramatic when we come to deficit and debt. The euro area has much lower deficit, much lower debt than these two countries. And also not less important, it has a balanced current account, no deficits, but it also has a degree of social cohesion that you wouldn’t find either in the other two countries. That is a very important ingredient for undertaking all the structural reforms that will actually graduate the bumblebee into a real bee. The second point, the second message I would like to send today, is that progress has been extraordinary in the last six months. If you compare today the euro area member states with six months ago, you will see that the world is entirely different today, and for the better”- Il Sole 24 Ore – leggi su http://24o.it/cVSiQ).
Con le sue parole («Ho un messaggio chiaro da darvi: nell’ambito del nostro mandato la Bce è pronta a fare tutto il necessario a preservare l’euro. E credetemi: sarà abbastanza»), quel messaggio, unitamente all’attuazione del programma O.M.T., ebbe il provvidenziale effetto di rassicurare a lungo i mercati circa la sopravvivenza della moneta unica e la permanenza nell’area delle economie più deboli,come quella italiana.
A distanza di circa diciotto mesi da quell’intervento, i traders non mettono più in dubbio la sopravvivenza della moneta unica e ritengono quantomeno improbabile l’uscita da essa delle economie periferiche.
Questo spiega come il differenziale di rendimento fra i diversi titoli di Stato dell’eurozona sia quasi costantemente diminuito dall’agosto 2012 in poi, nonostante brevi e relative fiammate,come quella che interessò soprattutto i titoli italiani dopo l’esito incerto e quasi inconcludente delle elezioni del febbraio 2013.
Contemporaneamente, è salito il rendimento dei Bund tedeschi, cosicché oggi la Germania non si finanzia più a costo zero sui mercati come nei primi mesi del 2012, quando il rendimento dei titoli del debito sovrano teutonico era addirittura negativo.
Questa è l’attuale situazione degli spread dei principali Stati dell’Unione Europea al 3 gennaio 2014:
http://finanza-mercati.ilsole24ore.com/reddito-fisso-e-tassi/spread-europa-oggi/
E’ interessante notare che nell’arco del periodo luglio 2012/gennaio 2014 le maggiori riduzioni del differenziale di rendimento hanno riguardato i titoli di Stato irlandesi e ciò è abbastanza facilmente spiegabile, atteso che il mese scorso l’EIRE è uscita dal programma di aiuti e ormai si finanzia sui mercati a tassi contenuti e con prospettive macroeconomiche non particolarmente preoccupanti.
Meno eclatante ma pur sempre significativa è la riduzione del rendimento dei Bonos spagnoli,che ebbe il suo apice non tanto nell’autunno 2011, quando sotto attacco era innanzitutto il debito sovrano italiano, quanto nella primavera/estate 2012.
Anche il rendimento dei titoli di Stato italiani si è ridotto enormemente,soprattutto nel corso dell’anno 2012 e nuovamente fra il maggio ed il luglio 2013.
Tuttavia, a partire dell’agosto 2013 tale riduzione è apparsa meno significativa di quelle che hanno interessato altri titoli della periferia dell’eurozona,cosicché attualmente il rendimento dei nostri Bond è leggermente più alto di quello dei Bonos e sensibilmente più elevato di quello degli omologhi titoli irlandesi,ormai non distanti dai rendimenti belgi e francesi.
Più alto, anche se molto diminuito rispetto a tempo fa, è il rendimento dei titoli sloveni e soprattutto portoghesi.
Viene da chiedersi se possa verificarsi una nuova impennata dello spread, in conseguenza di eventi oggi imprevedibili.
Al riguardo, si tende a rispondere negli ambienti finanziari che le preoccupazioni per il futuro dell’euro non sono più legate all’instabilità finanziaria, come nel 2011/12,bensì ad un esito ritenuto preoccupante dell’elezioni europee del giugno 2014, che potrebbe vedere l’affermazione di forze politiche contrarie alla moneta unica o addirittura alla stessa sopravvivenza dell’Unione Europea.
Viene monitorata strettamente soprattutto l’opinione pubblica francese, essendo la Francia un Paese chiave dell’eurozona, nel quale le forze euro-ostili sono particolarmente in crescita.
E’ quindi dal fronte prettamente politico e non più da quello strettamente finanziario o macroeconomico che potrebbe eventualmente provenire,sul medio/lungo termine, una nuova crisi dell’eurozona.
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