Le banche centrali stanno fallendo nel tenere a bada i mercati: ora anche il Rublo russo mostra al Mondo la sua debolezza
Qualcosa di grosso sta accadendo e, effettivamente, sta diventando davvero difficile prevederne gli esatti effetti.
Il terremoto finanziario a cui stiamo assistendo sta mostrando al Mondo un lato della finanza che, come spesso accade, era stato considerato assopito e ormai innocuo: quello della cieca speculazione.
La nuova vittima ? Il Rublo russo:
Siamo ai livelli di inizio 2009 e, ormai, quello che i mercati pensano è chiaro: il problema non sta tanto nei mercati emergenti, nel senso che nessuno sta punendo un Paese come la Russia per particolari situazioni di squilibrio nei conti pubblici o altro, no, la questione è semplice.
Si tratta di bieca speculazione, ora che il tapering sta diventando realtà e che Wall Street si trova all’inizio della fase ciclica di contrazione, la principale convinzione di tutti è che il Dollaro salirà.
Un rallentamento della politica monetaria espansiva non porta, di per sé, all’apprezzamento della moneta (che, anzi, dovrebbe continuare a svalutarsi), ma quello che i mercati sembrano temere realmente è il rialzo dei tassi.
Janet Yellen ha spiegato mesi fa che, continuando di questo passo, i tassi saranno alzati soltanto nel 2016, ma qui i casi sono due:
– o tutti credono che il rialzo dei tassi arriverà molto prima (già nel 2014 ? ci sembra improbabile)
– o semplicemente i grandi trader commerciali (quindi banche e fondi di investimento) hanno coordinato una mossa speculativa volta a far scendere tutte le valute rispetto al Dollaro
Il secondo caso non è impossibile, ma è comunque molto difficile da mettere in atto. Questo ci porta a pensare semplicemente che i mercati finanziari si trovino nel primo caso citato, cioè quello del dubitare della tabella di marcia proposta dalla Federal Reserve
Per tale ragione, scolpitevelo nella testa, nessuna banca centrale turca, argentina o russa può anche solo pensare di arrestare il panic selling degli ultimi giorni. La palla è, come sempre, nella mani del solito giocatore: la Federal Reserve
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