Nei mercati finanziari, si sa, contano più le aspettative future piuttosto che lo stato attuale delle cose: uno sguardo al mercato obbligazionario ci fa capire che il Quantitative Easing europeo sia già iniziato per la finanza
(ripubblicazione articolo del 7 aprile 2014)
Come già saprete, la BCE sta lavorando al QE per combattere la bassa inflazione di lungo periodo che si prospetta nel futuro dell’Eurozona (a tal proposito, rimandiamo all’ultima conferenza stampa di Mario Draghi, in cui il presidente della BCE ha riletto per almeno 3-4 volte il passaggio del suo discorso sulla possibilità di utilizzare misure monetarie non convenzionali – tra cui il QE, come ha detto ad una giornalista nel corso della stessa conferenza stampa – per contrastare la disinflazione e la deflazione).
Detto questo, il solito effetto-Draghi si è visto subito sui mercati finanziari.
Domanda per il lettore attento: tra un bond spagnolo a 5 anni e uno americano con pari scadenza, quale dei due dovrebbe avere un rendimento inferiore ? Vale a dire: quale dei due dovrebbe essere considerato meno rischioso ?
Come ? Il bond americano ?
No, è stato così per tutta la durata della crisi, ma ora siamo in fase di sorpasso.
Ebbene sì, un Paese con un 27% di disoccupazione appena uscito con debolezze strutturali enormi da una recessione senza precedenti può essere considerato più affidabile di uno con disoccupazione intorno al 7% e ripresa economica super avviata, è la magia dei mercati finanziari.
Ma gli esempi dell’effetto-Draghi sono davvero tanti.
Prendiamo l’Italia:
Il BTP a 10 anni non ha mai avuto (sottolineo mai) un rendimento così basso.
L’idea, dunque, è che il QE sarà probabilmente eseguito tramite acquisto di titoli di debito pubblico (e non privato come la Bundesbank vorrebbe) e che, dunque, il rendimento di questi titoli sia destinato a scendere parecchio nei prossimi mesi (o, se preferite, il loro prezzo salirà alle stelle).
Il QE, di fatto, è già cominciato.
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