Tra produzione industriale, consumi e indice PMI manifatturiero oggi abbiamo avuto una serie di dati davvero entusiasmanti sull’economia Giapponese (e il 2014 sarà probabilmente migliore)
Se ci seguite da tempo, saprete bene che siamo piuttosto certi del fatto che il Giappone, tra QE aggressivo, svalutazione delo Yen e riforma totale del sistema fiscale, stia facendo tutto quello che servirebbe all’Eurozona per uscire dalla crisi.
È ironico pensare che questa ricetta, in Giappone, sia stata proposta dal “populista” Shinzo Abe, il “cattivissimo” estremista di Destra che, nonostante la sua grande cattiveria, risulta essere l’unico premier al Mondo ad aver fatto imboccare al suo Paese questa strada.
Non fatevi ingannare però, stampare denaro non è mai abbastanza (il caso degli Stati Uniti dovrebbe insegnarci qualcosa). Se volete approfondire anche quello che Abe sta facendo sul piano del sistema fiscale potete vedere questo breve riassunto di Ottobre del Financial Times (purtroppo, quando si alzano le tasse, la popolarità dei politici crolla, è quello che sta succedendo ad Abe in questi ultimi mesi).
Ecco gli ultimi dati macroeconomici che ci sono giunti da Tokyo:
- l’indice PMI manifatturiero arriva a 55,2 punti:
- questo dovrebbe portare ad un aumento maggiore del PIL nei prossimi mesi:
- l’inflazione cresce alla grande:
Certo, in parte questo è dovuto all’esplosione dei prezzi dell’energia importata dall’estero (in quanto, lo ricordiamo, lo Yen si è svalutato pesantemente nel 2013), ma, se escludiamo i prezzi dell’energia e dei beni di prima necessità, l’inflazione si vede ancora:
- il tasso di disoccupazione rimane fermo al 4% (che sia stato raggiunto il “limite naturale” di disoccupazione per il Giappone ?):
- i dati provvisori sulla produzione industriale confermano la tendenza di crescita generale del settore:
- infine, le vendite al dettaglio crescono del 4% rispetto all’anno scorso:
Ogni articolo che scriviamo sul Giappone vuole essere una motivazione per suonare la sveglia a Bruxelles, sperando che, prima o poi (magari dopo le elezioni Europee, quando i cattivissimi partiti euroscettici vedranno il proprio boom in molti Paesi) qualcuno ci ascolti.
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