Non serve un master in economia o in psicologia per tradurre il “politichese” usato dai partecipanti al meeting di Doha per la “nuova regolamentazione” del mercato del petrolio
Ci sembra curioso che molte testate giornalistiche mantengano una posizione così neutra di fronte a quanto accaduto a Doha domenica scorsa.
Innanzitutto, “nuova regolamentazione” del mercato del petrolio significa “blocco alla produzione concordato”. E, dal momento che la produzione di petrolio non è stata bloccata, il meeting è stato un disastro totale (e non un “insuccesso” come letto pochi minuti fa su un’altra fonte di informazione).
Non ci piace citare altri siti di informazione quando toppano, ma stavolta dobbiamo farlo. Repubblica, ad esempio, ci dice che il meeting è fallito per una serie di veti incrociati tra Arabia Saudita e Iran. E allora chi legge la notizia immagina un tavolo con vari ministri del settore impegnati a dire “no” a turno ad una serie di proposte. Magari qualcuno si spinge anche oltre ed immagina toni molto accesi e scambi dialettici infiammati.
Peccato che il meeting non sia andato proprio così, e lo sappiamo non perché qualcuno di noi abbia deciso di piazzare una telecamera a Doha per riprendere la trattativa, ma semplicemente perché il meeting di Doha non è praticamente esistito domenica scorsa.
E la ragione per cui non c’è stato un vero meeting è che l’Iran ha letteralmente boicottato la riunione.
Non serve essere un premio Nobel in economia, dunque, per capire le ragioni del mancato accordo sullo stop alla produzione di petrolio. Per quale motivo i paesi produttori dovrebbero decidere di limitare la propria produzione (vendendo dunque ad un prezzo più elevato il petrolio) quando l’Iran (membro dell’OPEC, vale la pena ricordarlo) non ha nessuna intenzione di partecipare alla manovra ?
Ci troveremmo in una situazione in cui l’Iran potrebbe continuare a vendere il petrolio a 30-40 $ al barile, mentre gli altri paesi dovrebbero farlo a (ipotizziamo) 60-70 $. Questi non sono veti incrociati, non c’è proprio nessun tentativo di trattativa politica, anzi, al tavolo manca proprio chi deve trattare.
L’Iran non vuole partecipare all’accordo di cartello (possiamo smettere di chiamare l’OPEC “associazione” quando siamo chiaramente di fronte ad un cartello di prezzo legalizzato ?) perché ha dovuto pagare le conseguenze di anni si sanzioni, ed ora non ha nessuna intenzione di limitarsi.
E la situazione politica in cui si trova il mercato è davvero complessa:
1) L’Arabia Saudita vuole mettere fuori gioco il settore dello shale americano
2) Gli USA potrebbero semplicemente inventarsi una nuova guerra in Arabia Saudita, ma riportare in alto i prezzi del petrolio significherebbe dare fiato alla Russia di Putin (che è brutta e cattiva per Washington)
3) La Russia, dopo aver finito di bombardare a tappeto la Siria (certamente perché a Putin stanno a cuore le questioni di politica interna siriana, e non per gli enormi giacimenti di petrolio finiti in mano dell’ISIS con cui Mosca sembra avere problemi a trattare), sembra essersi riavvicinata all’OPEC (cartello del quale non è membro) per convenienza (costa di meno trovare un accordo con l’Arabia Saudita piuttosto che bombardare ogni giacimento esistente)
4) L’Iran non ha nessuna intenzione di tagliare di nuovo la propria produzione ed il proprio export di petrolio e, del resto, non ha motivo per farlo visto che gli attuali prezzi consentono ancora a Teheran di trarre profitto nel settore
Come si risolve l’impasse ? Ci sono tanti modi per farlo, ma la via più probabile ci sembra una pressione dell’Arabia Saudita sugli Stati Uniti (e quindi su tutta la comunità occidentale) per minacciare nuove sanzioni (per qualunque ragione) verso l’Iran (anche non pubblicamente). A quel punto Washington dovrebbe prendere una decisione importante per quanto riguarda la questione russa, ma forse questo sarà un punto che arriverà sul tavolo del nuovo Presidente degli Stati Uniti. Certo è che gli USA chiederebbero qualcosa in cambio all’Arabia Saudita, e allora lì potrebbero aprirsi nuovi problemi nella trattativa.
Insomma l’accordo dovrà arrivare tra gli USA, l’OPEC (Iran compreso) e la Russia, è chiaro che sono questi gli attori senza i quali le trattative non potranno arrivare da nessuna parte.
Nel frattempo, il settore dello shale americano è sempre più morto:
Lascia un commento per primo