Il premio Nobel per l’economia Paul Krugman ha un’idea chiarissima sull’andamento della politica monetaria statunitense: è probabile che a dicembre vedremo un rialzo dei tassi, ma è anche quasi certo che questo sarà un errore
Mentre discutiamo del presunto “terzo mandato” della Fed (che consisterebbe nell’accontentare il mercato al fine di scongiurare ogni possibile panic selling da crisi finanziaria), Paul Krugman ci riporta ad un breve ripasso dei fondamentali macroeconomici che può sempre fare bene.
Il ragionamento di Krugman parte dai salari negli USA:
Uno vedendo che, dopo anni di delusione, stanno cominciando a salire a ritmi importanti potrebbe anche cascarci e pensare che la Fed debba rialzare i tassi.
Ora chiediamoci: qual è il mandato della Federal Reserve ? Vi diamo la risposta ufficiale: “Il Consiglio dei Governatori della Federal Reserve ed il FOMC devono sostenere la crescita di lungo periodo del mercato monetario e creditizio in maniera proporzionale rispetto all’incremento potenziale di produzione dell’economia nel lungo termine, fissando in maniera corretta i livelli obiettivo per la massima occupazione, la stabilità dei prezzi e la crescita moderata dei tassi di interesse”
Traduciamo: alla Fed (così come ad altre banche centrali) non interessa direttamente l’andamento dei salari nell’economia, in quanto questo non sta scritto nel mandato ufficiale. Ora, chiunque abbia qualche nozione di macroeconomia, sa bene che una crescita “salutare” dell’inflazione arriva soltanto in seguito ad un incremento dei salari (salgono i salari, cresce la domanda, i prezzi si adeguano al rialzo).
Dunque la notizia della scorsa settimana è che, finalmente, i salari degli americani stanno tornando a salire a ritmi più convincenti, ma siamo ancora lontani dalla media pre-crisi.
Krugman ci fa notare come l’inflazione non sia ancora ai livelli auspicati dalla Federal Reserve, e, dunque, sarebbe bene attendere un impatto serio di questa svolta nei salari americani sul livello dei prezzi nell’economia prima di pensare seriamente ad un rialzo dei tassi.
Sull’inflazione, citiamo direttamente il premio Nobel:
“Sebbene la crescita dei salari abbia appena registrato un balzo, siamo ancora ben al di sotto dei livelli pre-crisi; l’inflazione “core” è anch’essa inferiore al target della Fed. Inoltre, vi sono ottime ragioni per credere che i salari stessero crescendo troppo poco già prima dell’inizio della crisi. La Federal Reserve non dovrebbe dunque avere alcuna fretta di rialzare i tassi fino a quando l’inflazione e la crescita dei salari non torneranno almeno al livello pre-crisi o, ancora meglio, al di sopra di tale soglia. Senza dubbio, la Fed non dovrebbe far passare l’idea che quel 2% rappresenti un tetto massimo per l’inflazione, cosa che accadrebbe sicuramente in caso di un rialzo dei tassi in questo momento”
Tenete bene a mente l’idea del “tetto massimo dell’inflazione”, perché qui Krugman ha ragione da vendere:
I tassi si alzano quando l’inflazione attuale e futura viene giudicata al di sopra del target di lungo periodo. Alzare i tassi gradualmente equivarrebbe in questo caso ad un frenata dolce dell’intera economia, ma, francamente, questo ci sembra un momento estremamente sbagliato per rialzare i tassi, anche se solo in maniera graduale.
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