Ormai la notizia comincia ad essere nell’aria, la BCE sta ufficialmente considerando un ulteriore abbassamento dei tassi sui depositi in soglia negativa: era ora, ma non basterà ed è una strategia che va implementata con molta cura
Dall’11 Luglio 2012 i tassi sui depositi della BCE sono stati portati a quota 0%. Ora, dopo più di un anno, Mario Draghi e i suoi stanno valutando la possibilità di portare questi tassi in territorio negativo, una decisione senza precedenti per l’Eurozona i cui effetti sono davvero di difficile previsione.
Prima di tutto, cerchiamo di capire che cos’è questo tasso sui depositi. Anche le banche private hanno bisogno di depositare il proprio denaro da qualche parte, come qualunque cittadino, per farlo normalmente avviene un meccanismo che potremmo definire deposito incrociato, ossia le banche private depositano il proprio denaro nelle casse di altre banche.
Come saprete, la nostra banca ci offre un certo tasso di remunerazione sul nostro conto corrente (di solito un tasso irrisorio), una specie di “premio” o, meglio, “incentivo” per il cliente a depositare i propri risparmi presso quella banca.
La BCE può fare la stessa cosa, essendo la “banca delle banche” nell’Eurozona, le banche private possono depositare i propri soldi nei forzieri della BCE, ottenendo un “plus” sul loro deposito, e questo è il tasso sui depositi della BCE.
All’epoca di Trichet (predecessore di Draghi e, probabilmente, uno dei peggiori banchieri centrali degli ultimi decenni vista la sua incomprensibile reticenza al taglio dei tassi allo scoppio della crisi) il tasso sui depositi è arrivato fino al 3%, garantendo alle banche un porto sicuro per il proprio denaro che, tra le altre cose, veniva pure remunerato ad un tasso piuttosto conveniente.
Ma, come dicevamo, da Luglio 2012 questo tasso è pari a zero: in sostanza le banche che depositano soldi presso la BCE non guadagnano nemmeno 1 € da questo deposito (tenendo conto dell’inflazione, il tasso reale è negativo ed è pari a circa -1%, le banche che depositano soldi presso la BCE hanno quindi una perdita effettiva).
Il problema è che questo non basta, la stragrande maggioranza dei tanti soldi che le banche hanno ricevuto da Francoforte in questi anni sono ora depositati presso la BCE, perchè le banche considerano più saggio mettere da parte questi soldi piuttosto che prestarli ai propri clienti attraverso, ad esempio, un mutuo (rischiando poi di perdere gran parte di questo denaro per l’inadempienza dei clienti).
Ora la BCE vuole dare un messaggio ancora più forte alle banche: i tassi nominali negativi.
Facciamo un’ipotesi, ora il tasso nominale è 0%, quello reale (considerando quindi l’inflazione dell’Eurozona) è intorno al -1%. Immaginiamo un tasso nominale pari a -0,50%, il tasso reale scenderebbe ulteriormente ma, per via della continua riduzione dell’inflazione, questo tornerebbe a crescere riavvicinandosi probabilmente alla soglia -1%.
Quando l’inflazione sarà pari allo 0% (di questo passo ci arriveremo, eccome se ci arriveremo) il tasso nominale sarà uguale a quello reale, cioè -0,50%, un tasso reale comunque maggiore di quello attuale.
Capite bene che il taglio dei tassi in zona negativa non sarà sufficiente, bisognerà “imporre” alle banche la concessione di più prestiti (magari rivedendo le regole di Basilea).
Risultato ? Un disastro: imporre ad una banca di prestare il denaro può creare pericolose distorsioni nel mercato del credito, poichè anche i clienti meno sicuri riceveranno denaro a prestito, con il rischio che questo non venga mai restituito, creando una nuova crisi del mercato del credito della quale, francamente, non abbiamo davvero bisogno.
La questione è quindi delicata, i tassi sui depositi negativi sarebbero una buona notizia per l’economia, ma, come detto, questo non è abbastanza. Cosa fare ? Imporre alle banche di prestare denaro non sembra essere la soluzione più adatta.
Rimane soltanto una soluzione che coprirebbe le spalle sia alle banche, sia ai clienti delle banche, e si chiama Quantitative Easing.
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