Il settore industriale americano sembra già soffrire l’imminente rialzo dei tassi da parte della Fed ancora prima che questo avvenga
(ripubblicazione articolo del 10 giugno 2015)
Da giugno 2014 il dollaro statunitense ha intrapreso una corsa strepitosa che indica un’opinione comune presente sui mercati finanziari: la Federal Reserve è ad un passo dal rialzo dei tassi.
Il problema è che, di recente, il tasso medio di utilizzo della capacità produttiva negli Stati Uniti è crollato ad una velocità preoccupante, e Deutsche Bank sospetta che dietro a tale caduta vi sia il fortissimo apprezzamento del dollaro:
Nel 2005 abbiamo visto una cosa simile (alla fine del 2004 il dollaro valeva 1,35 euro, a novembre 2005 si arrivò a quota 1,15), ma poi il dollaro tornò a calare tra il 2006 ed il 2008 (fino a sfiorare quota 1,60 euro) ed il settore industriale riuscì a digerire la rivalutazione del 2005, per poi crollare insieme a qualunque altro indicatore macroeconomico durante la crisi.
Un rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve potrebbe (il condizionale è d’obbligo, e tra poco spiegheremo perché) riazionare il meccanismo di apprezzamento del dollaro, trascinando verso il basso (se seguiamo il ragionamento di Deutsche Bank) il tasso medio di utilizzo della capacità produttiva negli Stati Uniti, portando l’intera economia ad una frenata notevole.
Il condizionale “potrebbe” è fondamentale. C’è chi crede che il dollaro si sia già allineato alla prossima ondata di rialzo dei tassi negli Stati Uniti, e, dunque, ci sono analisti che considerano poco probabile un ulteriore apprezzamento della valuta statunitense.
Il segreto sta tutto qui, se il valore di mercato del dollaro si è già effettivamente allineato al periodo di rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve, allora ci sono speranze per evitare una recessione (escludendo i “cigni neri” che, comunque, capitano), se invece la corsa del dollaro è solo all’inizio, allora Janet Yellen sta per creare una crisi economico-finanziaria che ci ricorderemo a lungo.
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