Visto che trasformare la Grecia nella Germania sembra essere un’impresa impossibile, occorre accettare la realtà: Atene non può permettersi di avere una moneta come l’euro
(ripubblicazione articolo del 6 luglio 2015)
O cambia la Grecia, o cambia l’euro, possiamo riassumere così la crisi greca.
Vi risparmiamo il pippone sulle riforme che la Grecia dovrebbe intraprendere per incrementare l’efficienza del proprio sistema economico. Oggi ci concentriamo sull’altro problema, l’insostenibilità dell’euro.
La verità qui è molto semplice, prima dell’adozione della moneta unica, Atene ha vissuto di svalutazioni competitive continue della propria valuta nazionale (un po’ all’italiana, ma peggio):
Ora si chiede ad Atene di superare una crisi senza svalutare e, a causa di questa anomalia economica, si è costretti a svalutare l’unica cosa svalutabile secondo Bruxelles: il lavoro.
Svalutare il lavoro significa abbattere i salari (erroneamente visti come un costo nell’economia, piuttosto che come una componente indiretta del PIL), con la svalutazione dei salari cresce la competitività del paese, come quando veniva svalutata la moneta. Il costo umanitario della svalutazione del lavoro, tuttavia, è spaventoso.
Ricordando che la moneta dovrebbe essere al servizio dell’economia, e non il contrario, l’euro dovrà cambiare ad un certo punto (e l’avvio del QE in Europa è il primo segnale che il cambiamento sta iniziando), o il rischio sarà quello di perdere pezzi maggiori rispetto alla Grecia.
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