L’Accordo Sulla Grecia C’È, Ma Non È Ancora Detta La Parola “Fine”

Deutscher-Bundestag

Per dare il via libera ad il nuovo ennesimo prestito ad Atene, servirà l’approvazione dei parlamenti europei, e questo passaggio non è affatto scontato

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Per Tsipras l’aver trovato un accordo con l’UE non ha rappresentato una grande semplificazione del proprio lavoro. Pare infatti che vi siano circa una ventina di parlamentari di Syriza (più altri 13 facenti parte di Anel, gruppo nazionalista che fa misteriosamente parte della maggioranza) intenzionati a tentare di far cadere il governo entro domani.
È però probabile che il centro-destra e gli altri partiti europeisti mantengano a galla il governo, anche se, francamente, fatichiamo a pensare ad uno Tsipras a capo di questa nuova era di austerity, abbiamo l’impressione che le dimissioni del premier greco siano sempre più vicine.

Ammesso e non concesso che Atene approvi le nuove misure di austerità, ci sono altri paesi nei quali bisognerà lottare per mettere la parola “fine” alla questione greca (almeno fino alla prossima crisi, che si ripresenterà come si è ripresentata in questi mesi):

1) Germania

Se entro mercoledì la Grecia approverà le misure di austerità, allora il parlamento tedesco si riunirà venerdì per dare facoltà al governo di negoziare un accordo con Atene. Tale accordo necessiterà poi una nuova approvazione da parte del parlamento.

2) Francia

In Francia è atteso il voto tra mercoledì e venerdì, ma non dovrebbero esserci grossi problemi. Il Presidente della Repubblica Hollande ed il premier Valls godono di una discreta fiducia nell’ala sinistra dell’Assemblée Nationale, ed è probabile che anche le forze di centro-destra (almeno in parte) votino a favore del prestito ad Atene.

3) Finlandia

Stupiti dalle recenti tensioni fra Helsinki e Atene ? Vi basti sapere che il premier finlandese è appoggiato, tra gli altri, dal principale partito euroscettico del paese, che di fatto tiene il governo sotto scacco. In Finlandia serve l’approvazione di una commisione parlamentare, se il voto sarà negativo bisognerà passare direttamente al parlamento.

4) Lettonia

Viste le pesanti misure di austerità varate dalla Lettonia negli ultimi anni, c’è chi giudica che sia più probabile un voto negativo nel parlamento lettone.

5) Slovacchia

La Slovacchia fu il solo paese che rifiutò, attraverso un voto parlamentare, la partecipazione nel prestito ad Atene nel 2010. Francamente, non vediamo perché questa volta il paese dovrebbe esprimersi in maniera differente. Tra l’altro nel 2011 il governo cadde proprio su un voto riguardante l’incremento della quota del paese nel fondo salva Stati.

6) Austria

Anche in Austria vi sono degli ostacoli da superare. Del resto, le forze euroscettiche sono in forte crescita nel paese, e non a caso il governo ha posizioni sempre più “tedesche” verso la Grecia.

Ora, è chiaro che tutto qui dipende da Francia e Germania. Gli aiuti in Grecia dipendono soprattutto da loro, e se la Finlandia o la Slovacchia diranno no, il piano non salterà.

In Italia non si vota, e Renzi non riferirà nemmeno al parlamento, il nostro appoggio è dunque scontato.

 

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