La proposta di MicroMega, per quanto sia probabilmente solo una provocazione, è in realtà molto più interessante di quella cosa pietosa che il Governo sta cercando di fare per il Senato: i Senatori andrebbero sorteggiati a rotazione, come facevano gli Ateniesi nell’Antica Grecia (guest post)
di Lorenzo Del Savio e Matteo Mameli
Il disegno di legge costituzionale sulla riforma del Senato stravolge l’assetto della nostra Repubblica. Per certi aspetti, si tratta di un’ottima proposta. Il Senato attuale costa troppo e rallenta inutilmente il processo legislativo, duplicando le procedure deliberative del Parlamento. Occorre sicuramente ridurre il numero dei senatori e diversificarne le competenze rispetto ai deputati, come il disegno di legge si propone di fare.
Le critiche all’attuale ddl si sono finora concentrate sull’immunità parlamentare, che sarebbe garantita anche ai nuovi senatori, e sul meccanismo di nomina, demandato ai consigli regionali. Si tratta in entrambi i casi di preoccupazioni che dipendono dal diffuso sentimento anti-casta. L’immunità è percepita come un odioso strumento con l’unico scopo di difendere dalla magistratura furfanti e corrotti. Secondo i critici, la sostituzione delle elezioni con un meccanismo di nomina (seppur parziale, perché apparterrebbero di diritto al nuovo Senato figure elettive come i presidenti di regione e i sindaci di capoluogo) è una restrizione dello spazio partecipativo dei cittadini che limita ulteriormente l’accountability dei politici. Noi riteniamo invece che l’eliminazione delle elezioni sia una caratteristica positiva del progetto di riforma, malgrado molte delle preoccupazioni anti-casta siano totalmente condivisibili. Avanziamo dunque una proposta che tiene conto di queste preoccupazioni e allo stesso tempo risolve molti problemi che finora non sono emersi con sufficiente chiarezza nel dibattito. I cento senatori di cui parla il disegno legge non vanno nominati e non vanno neanche eletti. I cento senatori vanno sorteggiati.
Per istituire un Senato di sorteggiati, occorre semplicemente istituire una lotteria che selezioni casualmente cento senatori tra tutti i cittadini aventi diritto, come avviene nelle giurie popolari in alcuni ordinamenti giuridici. Si tratta di un sistema molto semplice ed economico, che eviterebbe tra l’altro di sottrarre tempo prezioso alle amministrazioni locali per le delibere di nomina ed eliminerebbe inoltre il problema del doppio d’incarico per i presidenti di regione e i sindaci. Ci vuole tempo e dedizione per fare bene il senatore, e quindi un sistema in cui molti senatori sono anche amministratori locali con compiti importanti è disfunzionale. Questo non significa che bisogna rinunciare all’ispirazione regionalista e localista del ddl. Si potrebbero istituire sorteggi su base regionale, con rappresentanza proporzionale al numero di abitanti. Si potrebbero inoltre accorciare i tempi delle legislature e introdurre un sistema che preveda a ogni estrazione la sostituzione solo parziale dei Senatori. Per esempio, si può adottare un sistema in cui annualmente vengono cambiati per sorteggio metà dei senatori. Cioè i senatori non decadrebbero tutti insieme (si noti che neanche nell’attuale ddl decadono tutti insieme, ma piuttosto in corrispondenza alla fine delle varie legislature regionali di riferimento).
Anche limitandosi alle competenze demandate al Senato dal disegno di legge corrente, un Senato di sorteggiati costituirebbe un importante elemento virtuoso di rottura del sistema istituzionale, in grado di rendere funzionale il Parlamento italiano, come anche auspicato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Bisogna notare che, per quanto stramba l’idea della lotteria possa sembrare, la nomina per estrazione del personale politico fa parte della tradizione istituzionale italiana, essendo prevista per esempio dai regolamenti di alcune repubbliche medievali, tra le quali Firenze. Aristotele riteneva che il sorteggio fosse il meccanismo di selezione democratico per eccellenza, e lo contrapponeva ai sistemi elettoralistici, che finiscono sempre per avere natura aristocratica, perché solo in pochi hanno accesso effettivo alla possibilità di essere eletti. Le ricerche recenti sui sistemi cosiddetti lottocratici hanno mostrato che il sorteggio come strumento di distribuzione delle cariche politiche ha molti pregi e molti vantaggi rispetto ai sistemi elettoralistici e alle nomine. La prima cosa importante da dire è che l’estrazione random incarna in modo radicale il principio di uguaglianza politica dei cittadini. Ostacoli informali di natura culturale e di condizione socio-economica limitano gravemente le reali opportunità di accesso al Parlamento della maggior parte dei cittadini. Con l’estrazione si otterrebbe invece una rappresentanza che più fedelmente rispecchia (dal punto di vista statistico) la composizione della popolazione italiana, i suoi interessi, gli ideali politici, le competenze, e le varie estrazioni sociali che sono presenti nel paese.
Un Senato di donne e di uomini – inclusi anche precari, disoccupati, operai, commercianti, piccoli imprenditori, cittadini italiani di qualsiasi tipo e gruppo – porterebbe enormi vantaggi rispetto a un Senato di eletti e di nominati. Sicuramente sarebbe un Senato più attento agli interessi delle persone comuni e capace di evitare tutti i danni prodotti dalla professionalizzazione della politica. Affiancati da consulenti ed esperti, i senatori sorteggiati, grazie anche alla varietà di estrazione e di competenze, migliorerebbero la formulazione e il focus delle politiche. Un senato di eletti e nominati è necessariamente meno vario, meno rappresentativo della popolazione, e finisce per alimentare un personale politico distante dalle preoccupazioni delle persone comuni.
L’impossibilità di ri-elezione che esiste nel Senato per estrazione permetterebbe ai senatori di considerare con attenzione gli effetti a medio e lungo termine delle scelte legislative. Permetterebbe cioè ai senatori di avere insomma una lungimiranza che oggi manca a causa del perverso incentivo che porta i politici di professione a concentrarsi miopicamente sugli effetti a breve termine e non-strutturali delle decisioni politiche, dato che gli effetti a breve termine sono gli unici ad avere un impatto sui risultati elettorali. L’estrazione a sorte eviterebbe inoltre l’auto-selezione di candidati che si danno all’attività politica perché attratti dai possibili guadagni finanziari associati ad essa. Un sistema come l’estrazione impedirebbe poi ai senatori di considerarsi eletti per qualche presunta superiorità rispetto alla gente comune, a tutto vantaggio di un rapporto paritario ed egalitario con i cittadini. Insomma, l’estrazione renderebbe i senatori più lungimiranti, meno motivati da interessi egoistici e più umili.
Un’importante virtù dell’estrazione dei Senatori riguarda un aspetto che purtroppo è sistematicamente ignorato nelle discussioni correnti sulle riforme e che invece è forse il problema centrale dei sistemi politici moderni, ossia l’enorme influenza che le oligarchie economiche e le élite tecnocratiche a esse collegate esercitano sulle democrazia, a scapito della bontà delle scelte politiche. Il costo delle campagne elettorali e la professionalizzazione dei politici rendono il personale eletto facile preda degli interessi di élite e oligarchie, che talvolta con mezzi legali e talvolta con mezzi illegali si assicurano ceti politici compiacenti. È questa ci pare la radice vera – spesso non esplicitamente espressa – dell’anti-politica. Un senato di sorteggiati impedirebbe ogni interferenza di questo tipo con il processo di selezione del personale politico. Anche una compravendita di senatori risulterebbe più difficile, e quindi meno probabile, con questo sistema. Inoltre, la stessa estrazione sociale composita di un senato di sorteggiati lo renderebbe meglio attrezzato a resistere all’influenza deleteria di consulenti e tecnici di parte, i quali parlano lo stesso linguaggio, hanno interessi e valori analoghi e frequentano gli stessi salotti dei professionisti che popolano i parlamenti elettivi.
Un senato di sorteggiati è possibile. Un senato di sorteggiati ha gli stessi vantaggi del senato delineato dal ddl corrente in termini di risparmi di spesa ed efficacia del processo legislativo. Ma un senato di sorteggiati ha anche tutti gli altri vantaggi che abbiamo elencato. Sono vantaggi importanti, soprattutto per un senato concepito – come nella proposta attuale – come organo di controllo (con poteri di rilettura delle leggi ordinarie su proposta di un terzo dei suoi membri e obbligatorietà del passaggio al Senato per leggi di riforma costituzionale e attuazione dei referendum popolari).
Il celebre report del 2013 della banca d’investimento J.P. Morgan sull’aggiustamento nell’euro-zona giudicava necessario riformare le istituzioni politiche dei paesi europei periferici ed emendare le costituzioni anti-fasciste per permettere l’attuazione di politiche economiche adeguate. È vero: le istituzioni politiche vanno riformate e la Costituzione Italiana va emendata. Ma tali riforme devono mettere al centro il benessere, le opportunità e le speranze dei cittadini, non pareri e interessi delle banche e delle società finanziarie. Di fronte ai grossi problemi che le persone comuni si trovano ad affrontare, e a cui la politica deve dare risposta, occorre coraggio riformista e costituente. È per questo che speriamo che il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il Ministro per le Riforme Costituzionali Maria Elena Boschi possano ascoltare la nostra proposta. I cento senatori del nuovo Senato non vanno né eletti né nominati. I cento senatori del nuovo Senato vanno sorteggiati.
Articolo tratto da “MicroMega“
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