Dubitando seriamente che, in caso di vittoria elettorale di Podemos, Bruxelles possa fare la spaccona con Madrid come con Atene, va riconosciuto che la Spagna rischia di avere poche carte da giocare
Immaginate lo scenario: il 20 dicembre 2015 (data ancora provvisoria) si terranno le elezioni politiche nazionali in Spagna. Il 21 dicembre si scopre che il partito euro-scettico, Podemos, ha ottenuto la maggioranza assoluta delle preferenze, andando direttamente al governo da solo.
In quel periodo, le frizioni fra Atene e Bruxelles si saranno risolte in qualche modo (o con nuovi prestiti o con il default della Grecia), il che lascerà Madrid potenzialmente da sola contro l’Europa. I mercati in Spagna reagiranno male, il premier spagnolo, Pablo Iglesias, si recherà a Bruxelles per ridiscutere la posizione del paese all’interno del gioco di forza tra debitori e creditori in Europa.
A questo punto, crediamo che la Germania non dirà: “Un’uscita della Spagna dall’Euro non sarebbe un grosso problema come avrebbe potuto esserlo in passato”, ma un più classico: “Siamo fiduciosi di poter collaborare con il governo Iglesias”.
Ci saranno colloqui in cui Iglesias e i suoi avanzeranno richieste sul deficit, pur sapendo che Madrid non rispetta la regoletta del 3% da tantissimo tempo, la Germania dirà nein, e i mercati la prenderanno male scenderanno.
A questo punto, però, subentra un grosso problema per Madrid. La Spagna non può permettersi di perdere tanto tempo in questi “colloqui”, e la ragione è questa:
Più della metà del debito pubblico spagnolo è nelle mani di investitori stranieri.
Sapendo che la BCE difficilmente comprerà bond spagnoli in una situazione politica del genere, immaginate i rendimenti dei titoli di Stato spagnoli ?
O Iglesias troverà alleati, o mollerà il colpo, oppure, alla fine, il tutto si concluderà con un default almeno parziale.
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