Una causa legale sulla quale la Corte Suprema britannica dovrà pronunciarsi potrebbe portare l’esito del referendum sulla Brexit in Parlamento, e allora il futuro di Londra sarebbe tutt’altro che scontato
Nel Regno Unito la Corte Suprema dovrà esprimersi prossimamente sulla legittimità del sollevamento dell’Articolo 50 del trattato di Lisbona (quello che consente ad un paese di lasciare l’UE) da parte di Teresa May.
Sebbene la May non abbia ancora ufficializzato la richiesta di uscita dall’Unione Europea, ciò che sappiamo è che spetterà a lei formalizzare l’esito del referendum sulla Brexit a Bruxelles.
Come mai spetta alla May ufficializzare la cosa ? Per il semplice fatto che la legge britannica non prevede che il Parlamento intervenga in materie similie (a dire il vero, non essendoci precedenti, la giurisprudenza britannica non si è nemmeno mai posta il problema di dover regolamentare la possibile uscita del Regno Unito dall’UE), e, dunque, si ritiene che il Primo Ministro possa scavalcare il voto delle camere.
È proprio su questo “buco” nella giurisprudenza britannica che si basa la causa legale avviata da Gina Miller, fondatrice e direttrice del fondo di investimento SCM Private. La Miller, e insieme a lei altri firmatari, chiede che sia il Parlamento a dibattere ed, eventualmente, a sollevare la richiesta formale di uscita dall’UE verso Bruxelles.
Se questa vi sembra una pura faccenda tecnica, vi facciamo notare che il referendum sulla Brexit rappresenta soltanto un voto consuntivo. Un esercizio di democrazia che qualunque parlamento o governo può bellamente ignorare, che ci piaccia o no.
E, se ve ne parliamo, è perché crediamo che il Parlamento possa sovvertire l’esito del voto popolare. JP Morgan (una delle banche più interessate a bloccare l’uscita di Londra dall’Unione Europea) ha effettuato un sondaggio in Parlamento. E insomma, l’esito è abbastanza chiaro:
Il Parlamento è pesantemente portato a votare a favore del remain, e tanti saluti al referendum.
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