Che abbiano ragione o no, ce lo diranno soltanto i prossimi mesi di politica monetaria, ma è chiaro come i mercati non giudichino al momento possibile una quarta tranche del QE americano
Fino a quando la Fed non ha deciso di chiudere i rubinetti del QE (ovvero fino a dicembre 2014), eravamo abituati ad un meccanismo piuttosto curioso, che in inglese è stato giornalisticamente riassunto con: “Good news is bad news”.
Ci spieghiamo meglio, in una situazione in cui era ben noto che il QE sarebbe prima o poi finito, ogni buona notizia macroeconomica per gli USA veniva accolto come un ulteriore passo verso la fine della politica monetaria ultra-espansiva della Federal Reserve e, dunque, si arrivava al paradosso per cui una brutta notizia per l’economia (come poteva essere un job report negativo o inferiore alle attese) spingeva i mercati finanziari a festeggiare.
In un mondo senza QE, tuttavia, i mercati stanno tornando alla realtà.
Non è una normalizzazione immediata, ma certo la settimana scorsa avrete notato come i mercati statunitensi hanno reagito alla notizia che il PIL USA è cresciuto solo dello 0,2% nel primo trimestre del 2015:
(Zero Hedge)
Questi sono i mercati ai quali siamo abituati. Ora che il “Good news is bad news” è stato abbandonato (cosa che implica, di fatto, che la finanza non crede nella possibilità di un QE4), quando vedremo un riallineamento dei rapporti tra prezzi delle azioni e utili delle società quotate ? Il prossimo passo sarà proprio questo, e sarà decisamente doloroso.
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