In due grafici possiamo dimostrarvi come il valore record raggiunto dall’S&P 500 in America non sia affatto preoccupante, chi parla di “Wall Street bubble” non tiene in considerazione dei fattori fondamentali
Siamo un po’ stufi di ripeterci, ma con questo post speriamo di mettere fine alle convinzioni di chi sostiene che Wall Street sia in bolla.
Un primo tentativo di spiegare perchè la Borsa Americana non sia a livelli troppo alti l’avevamo fatto parlando di inflazione, oggi ci concentriamo su quello che è, in fondo, il vero motore della Borsa.
Il PIL ? Il tasso di disoccupazione ? La cattiva speculazione ? Nulla di tutto questo, parliamo dello stato di salute dei conti delle società quotate.
Cominciamo subito col chiarire perchè l’S&P 500 non è in bolla:
L’ultima bolla speculativa che Wall Street ha avuto è stata la cosiddetta “bolla dot com“, cioè quella delle società più tecnologiche quotate in America.
In blu vedete l’andamento storico dell’S&P 500, in verde invece abbiamo l’indicatore TTM sui guadagni delle società (per la nozione teorica rimandiamo a questo indirizzo).
A rigor di logica, un indice è in bolla quando viene quotato ad un prezzo troppo alto rispetto al suo reale valore, ma qual è questo valore ? Su questo punto ci sono tante scuole di pensiero ed il dibattito sarà sempre aperto, ma il TTM Earnings sembra essere un buon indicatore. Il punto è semplice, guardate il momento dello scoppio della bolla dot com nel 2000, l’S&P 500 era quotato ad un livello spaventosamente elevato rispetto agli effettivi guadagni medi delle società quotate.
Risultato: il mercato se ne accorge con le prime trimestrali deludenti nel settore tecnologico e la bolla esplode presto.
Ad oggi, 22 Ottobre 2013, l’S&P 500 non pare essere affatto in bolla. Sì, ha raggiunto un prezzo da record storico, ma è anche vero che le società quotate oggi sono molto più in salute del passato.
Se questo non dovesse bastarvi, possiamo mostrarvi un interessante grafico di JP Morgan che introduce altri valori di confronto:
Prendiamo gli ultimi tre massimi: il 2000 (prima dello scoppio della bolla dot com), il 2007 (prima dell’esplosione della bolla immobiliare) e il 2013.
In questi tre momenti, l’S&P 500 ha raggiunto i 1527 punti, i 1565 e gli attuali 1682.
Il rapporto prezzo/utili forward si è ridotto nel tempo (se i prezzi sono mediamente aumentati, evidentemente gli utili (che stanno al denominatore) sono cresciuti ad un tasso maggiore del numeratore.
Il dividend yield è nettamente superiore al 2000 (è passato da 1,1% a 2,1%).
L’unica cosa che potrebbe lasciarvi perplessi (a ragione) è il tasso dei titoli di Stato a 10 anni. Dal 2000 ad oggi i rendimenti sono crollati in conseguenza al protagonismo della Federal Reserve nell’economia, per tale ragione crediamo che l’S&P 500 continuerà a registrare record su record fino a quando verrà il giorno del tapering o, addirittura, del rialzo dei tassi di interesse. Probabilmente, però, sarà solo una momentanea (ma pesante) correzione verso il basso.
Lascia un commento per primo